mercoledì 14 dicembre 2011
il capitolo maturità divora l'originalità del disturbante e lascia il posto all'ordinario
Isabella Swan e Edward Cullen si sposano, mormorano i loro sì in
sordina durante una cerimonia tradizionalmente elegante, che per una
volta riunisce tutti, umani e non, Jacob compreso. Il viaggio di nozze
in Brasile si conclude con una gravidanza inaspettata, per un verso
miracolosa (il padre è un non morto), per l'altro pericolosa, per il
ritmo di crescita del feto e il rischio a cui è sottoposta la madre. Se
Bella non sente ragioni e vuole tenere il bambino, Edward e molti della
sua famiglia vorrebbero invece dissuaderla.
Sulla saga della Bella e delle bestie la Meyer ha versato fiumi
d'inchiostro, solo "Breaking Dawn" conta più di 700 pagine, ma occorre
essere onesti e dare al cinema il merito di aver senza dubbio migliorato
la carta, che quanto a stile lascia a dir poco a desiderare. Per il
capitolo finale, la regia passa a Bill Condon, che non fa sfoggio di
virtuosismi ma bada alla storia e traghetta quelli che solo due anni fa
erano liceali ai primi sospiri verso un'età improvvisamente adulta,
fuori dalla famiglia d'origine dentro una famiglia creata in autonomia e
antropologicamente mutata.
Nonostante l'apertura sulla cerimonia (la sequenza peggiore del film),
la vicenda non rinuncia certo al triangolo e anzi lo estende al massimo
(con Edward e Jacob uniti nella pratica ginecologica) fino a fargli
mutare forma, nel finale. Se negli altri film il melodramma di base
s'ibridava volentieri con il teen movie o l'action, qui è l'horror che
fa capolino, nelle crude scene della gravidanza della protagonista,
minacciata di morte dall'interno del proprio corpo, spolpata ben oltre
il limite dell'anoressia grave perché la fiaba di Biancaneve possa
compiersi al contrario e il morso, anziché il bacio, possa portare la
salvezza e la floridezza attraverso la veglia eterna.
Lei, è vero, è giovanissima, lui teoricamente centenario, ma la verità è
che a questo livello di cose l'età non conta, e forse quanti anni hanno
i suoi due pupilli non se lo ricordava nemmeno la Meyer: sono fuori dal
tempo, esseri ridotti ad archetipi. Ma non è un bene. Che questo
capitolo, infatti, sia probabilmente migliore del precedente o
certamente migliore del precedente del precedente è una verità relativa,
perché tutto è corrotto dal vizio capitale della saga: l'ansia di non
dispiacere a nessuno. Dal vestito da sposa di Bella, che non può
deludere le fan, alle scene della consumazione, che non possono quasi
esistere (pena la scure del divieto ai minori), un film dopo l'altro,
l'operazione Twilight si è infilata in un tunnel in cui la
ricerca del consenso ha divorato la possibilità di dare al prodotto una
personalità cinematografica originale e il disturbante (stiamo pur
sempre parlando di vampiri) ha lasciato il posto all'ordinario.
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